martedì 10 gennaio 2012

LA CIMA DEL DIAVOLO

I turchi non parlano inglese. Credetemi.
Poracci, non è che debbano per forza impararlo, però è dura forte così …
Se doveste mai andare ad Istanbul, è bene che sappiate che i tassisti non demorderanno e continueranno a spiegarvi robe in turco stretto dall’inizio alla fine della corsa. Su di loro va poi aperto un capitolo a parte poiché le vicende mie e di Dementalist con tale categoria sono state infinite e rovinosissime.
Il nostro delizioso hotel si trovava infatti, tanto per farvi capire, circa due dita sopra la fine di tutte le mappe su cui siamo riusciti a mettere le mani … Ora forse penserete che sì, in effetti è un po’ una sfiga, ma tanto basta portarsi dietro il biglietto da visita dell’albergo e far vedere l’indirizzo. Errore.
L’albergo si trova infatti in una stramaledetta viuzza che nessuno, e ripeto NESSUNO, pare conoscere ad Istanbul.
Le nostre corse in taxi seguivano quindi immancabilmente lo stesso iter: faccia stranita del tassista davanti all’indirizzo, fiume di parole in turco tra cui alla lunga si riconosceva solo “TELEFONASKI”. Dopo qualche tempo si è capito che il tassista telefonaski in hotel per farsi spiegare la strada. A quanto pare però il tipo della reception è l’uomo con più difficoltà a farsi capire al mondo perche la telefonaski non è MAI bastata. A questo punto, il disgraziato di turno si dirige più o meno in zona e comincia a girare come un pazzo. Apre i finestrini e comincia a chiedere indicazioni ai passanti, che di base gli ridono in faccia. Non richiude i finestrini e a noi sembra di essere in moto.
In questa fase le reazioni si diversificano in base al carattere dell’autista: il primo ha quasi pianto, ad un paio è venuto l’esaurimento nervoso, uno ci ha cacciati dal taxi e l’ultimo all’arrivo ha cercato di picchiare il ragazzo della reception.
Tali felici avvenimenti ci hanno portato in due occasioni ad essere talmente angosciati all’idea di prendere il taxi da decidere di farcela a piedi. Peccato che per arrivare a destinazione fosse necessario sopravvivere ad una tremenda salita di almeno 3 kilometri, pendenza 85%, poi tristemente ribattezzata “Cima del Diavolo”.
Per farcela, ce l’ho anche fatta. Tralasciando le lucine che ho iniziato a vedere dopo il primo kilometro, ero piuttosto fiera della mia prestazione atletica.
Peccato solo le condizioni in cui mi sono svegliata il giorno dopo …

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